Domenica 9 novembre, giornata radiosa di metà autunno. Perfetta estate di San Martino. Andiamo in Valsorda, propongo. – Quale? Sono diverse le località chiamate ‘Val Sorda’, o ‘Valsorda’ – Quella di Valcamonica, ovvio. – È bella? – Sì. C’è un luogo speciale: il Rifugio Valsorda. – È lontana? – Non più dell’eternità – Che aspettiamo, allora? Andiamo. – Ok!
La bergamasca Val di Scalve, confina per un lungo tratto con la Valle Camuna, bresciana. Montagne, valichi, boschi, pascoli, torrenti, sono confini, sulle mappe; ma appaiono come una terra comune, dall’alto delle nuvole. Passando dal Dosso, ultima frazione del comune scalvino di Azzone, attraversando la piccola frazione di Paline, già bornese, in meno di 15 minuti, siamo al valico, chiamato Croce di Salven, amministrazione di Borno.
Il punto esatto dello scavallamento, è segnato sulla sinistra, da una antica croce in pietra biancastra. Siamo sullo spartiacque tra il bacino del Trobiolo e quello del torrente Dezzo, entrambi tributari del fiume Oglio.
Il passo si presenta come una paciosa sella tra gli irti profili della Corna di San Fermo (2327 m) a nord, e quelli più dolci del Monte Altissimo a nord-ovest.
Siamo sommersi da boschi di abeti, fra i quali la Selva del Negrino. Intorno alla Croce, sono sorte, nei decenni a cavallo dei nostri due secoli, numerose case-vacanza che hanno creato un piccolo villaggio, che contrasta con le malghe isolate sparse sui pascoli non lontani, rimaste quasi intatte, almeno alla vista. Il luogo è chiamato anche «Sanatori».
Perché mai? Nascosta fra gli alberi, una enorme struttura composta da quattro edifici, è stata letteralmente inghiottita dal bosco e devastata dall’abbandono di oltre mezzo secolo. Non c’entra nulla con la Valsorda, ma con quello che andiamo a vedere, in qualche modo, sì.
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la storia
Il Rifugio Valsorda, i volontari del gruppo MAV e… “un’esperienza di vita che ha il sapore della condivisione”