inchiesta

Viaggio nel mondo dell’alcool nelle nostre valli, storie di disperazione e rinascita

Viaggio nel mondo dell’alcool nelle nostre valli, storie di disperazione e rinascita

Martedì sera. Mancano pochi minuti alle otto. L’Oratorio di Pisogne inizia a popolarsi di persone, chi con la sacca da calcio sulla spalla, chi con il libretto dei canti sottobraccio, chi gioca a ping pong. Sull’atrio mi aspetta Luca, qui stasera c’è l’incontro del gruppo Alcolisti Anonimi di Pisogne, che però raccoglie persone che arrivano dal Sebino bergamasco e bresciano, dalla Valle Camonica, dalla Val Seriana e Val Cavallina. Intanto arrivano anche Andrea e Pietro. Saliamo una rampa di scale sulla sinistra rispetto all’ingresso e un corridoio ci porta alla stanza che ogni martedì sera fa da guscio alle loro storie e alle loro emozioni. “Sarà una serata un po’ diversa dal solito”, mi spiega Pietro, seduto a capotavola. “Facciamo una riunione aperta visto che ci sei anche tu e racconteremo le nostre testimonianze”. Il profumo del caffè inonda la stanza, nel frattempo Anna prepara zucchero e bicchierini, poi ci accomodiamo mentre Pietro videochiama Angelo, che si collega online. Perché il gruppo va oltre ogni confine.
Ogni riunione inizia con l’Enunciato, che ci legge Luca: “Alcolisti Anonimi è un’associazione di persone che mettono in comune la loro esperienza, forza e speranza al fine di risolvere il loro problema comune e di aiutare gli altri a recuperarsi dall’alcolismo. L’unico requisito per divenirne membri è il desiderio di smettere di bere. Non vi sono quote o tasse per essere membri di AA. Noi siamo autonomi mediante i nostri propri contributi. AA non è affiliata ad alcuna setta, confessione o idea politica, organizzazione o istituzione. Non intende impegnarsi in alcuna controversia, né sostenere od opporsi ad alcuna causa. Il nostro scopo primario è rimanere sobri ed aiutare altri alcolisti a raggiungere la sobrietà”.
Poi la lettura dei dodici passi e delle dodici tradizioni: “Queste frasi in breve sono le cose che poi sviluppiamo con la nostra letteratura, sono argomenti abbastanza profondi, interessanti, tosti”. Elenco soltanto il primo passo: “Abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte all’alcol e che le nostre vite erano divenute incontrollabili”. Mentre questa è la prima tradizione: “Il nostro comune benessere dovrebbe venire in primo luogo; il recupero personale dipende dall’unità di A.A”.
Chi viene qui cosa trova? “Sai – dice Anna – qui ci vieni per te stesso, vieni quando vuoi, non c’è nessuno che ti indica un orario, noi siamo qui il martedì dalle 20 alle 22, puoi venire tutte le settimane, una volta sì e una no, naturalmente la frequentazione dà i suoi risultati e diventa un piacere stare insieme agli altri, si creano anche dei bei legami, ma sempre in piena libertà. Qui nessuno giudica l’altro e nessuno dice all’altro cosa deve fare, tutto viene fatto con grande rispetto. Serve acquisire la consapevolezza che l’alcolismo è incurabile e che frequentare un gruppo può fare la differenza e ridare la speranza e una vita degna di essere vissuta”.

Angelo: “L’alcol mi dava forza e coraggio. Sono stato cacciato di casa e mi sono ritrovato in una stanza d’albergo ubriaco fradicio. Avevo due possibilità: vivere o morire

A rompere il ghiaccio è Angelo: “Sono arrivato in Alcolisti Anonimi nel 2015, dopo circa vent’anni di alcolismo. Sono diventato alcolista senza rendermene conto”. Cioè? “Vivevo una serie di disagi legati a una famiglia disfunzionale, in quel momento facevo fatica e l’alcol mi dava la forza e il coraggio, che dentro di me non avevo, perché fra i miei difetti di carattere c’è quello dell’insicurezza. Per relazionarmi con le persone avevo bisogno di qualcosa che mi desse questo coraggio. E’ una cosa che sperimentiamo tutti quando beviamo, l’energia, la carica che ci dà, la voglia di fare festa, il non aver paura a confrontarsi con nessuno. Tutte cose che sono innate nell’uomo, ma quando una persona non le ha e scopre che una sostanza queste cose le dà, piano piano ci scivola dentro. E l’alcol era una bevanda sociale per eccellenza, a portata di mano di tutti, vado in birreria, mi faccio una birra media, poi vedo che sono carico, deciso e contento e… io ci sono scivolato così, senza rendermene conto sono passato da una bevuta al mese, poi ogni quindici giorni poi ogni fine settimana, poi una bevuta ogni tre giorni, giorno sì e giorno no e alla fine tutti i giorni”…

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Anna: “Ho iniziato a bere a 53 anni, un giorno ero disperata, ho incontrato un amico e se non fossi arrivata qui, sarei morta

Poi prende la parola Anna, che arriva dalla bassa Valle Camonica: “So già che sarà difficile parlare di me, ma ci provo. Come vedi le donne in questi gruppi sono in minoranza, perché si fa sempre un po’ di fatica in più. L’alcolismo di tante donne consiste nel chiudersi in casa e bere da sole, è successo così anche a me. La mia storia la intitolo sempre ‘Non è mai troppo tardi per diventare alcolisti’, fino a 53-54 anni sono stata la bevitrice di un bicchiere di vino ogni tanto, niente di più. In quell’età stavo attraversando un periodo molto brutto della mia vita che si protraeva da tanto tempo e sapevo che sarebbe andata avanti così per molto ancora, per cui una sera con un’amica abbiamo bevuto un po’ di vino… ho dormito da Dio e da lì ho iniziato… il bicchiere di quella sera è diventato due bicchieri, tre bicchieri e via dicendo. In pochi anni mi sono trovata alcolista, ma consapevole. Il passaggio dall’essere bevitrice sociale ad essere alcolista è talmente sottile che ti trovi alcolista con la compulsione… la compulsione è un bisogno irrefrenabile di bere che non puoi controllare. Io conoscevo bene la realtà degli alcolisti, conoscevo il problema, però un conto è viverlo sugli altri, un conto è su se stessi”…

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Andrea: “Bevevo e avevo sensi di colpa, nulla aveva più senso. Ho iniziato a pregare, la fede mi ha salvato

Andrea arriva dalla sponda bresciana del Lago d’Iseo, nasconde il suo sguardo sotto la visiera di un cappellino, ma le emozioni si percepiscono comunque attraverso la sua voce: “Io non la conosco quella storia del toccare il fondo, io so solo una cosa, ero disperato, ero arrivato ad un punto in cui non contava più niente, qualsiasi cosa non aveva più gusto, la famiglia, il lavoro, andare a mangiare una pizza… io non ho mai bevuto la mattina, non ho mai fatto cazzate, però ho sempre bevuto bollicine, bevevo champagne, mi piaceva fare festa il sabato e la domenica e il lunedì già ero con la testa al sabato dopo. Tutta la mia settimana era in funzione al fatto che nel weekend sarei andato a far festa… ero ossessionato. Poi smetti un po’, poi ricominci, bevi, ti senti in colpa… la mia testa lentamente mi ha portato sull’orlo del non senso. Potevo andare a buttarmi nel lago, perché quando niente ha più un senso, diventi insensibile a qualsiasi cosa. Ero disperato, non sapevo niente della compulsione e di tutto quello che c’è dietro l’alcolismo, e mi sono messo a pregare, pregare e pregare, perché avevo questo peso che non mi mollava e non riuscivo a capire perché”…

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Pietro: “L’alcol era la mia medicina. Aspettavo le tre del pomeriggio per fare aperitivo, ho iniziato a nascondermi, poi la mia compagna voleva buttarmi fuori casa… è cambiato tutto, ad aprile ci siamo sposati

E’ la volta di Pietro, anche lui abita a pochi chilometri da qui, sul Sebino bresciano: “Oggi, 9 dicembre, è il mio compleanno, compio 61 anni e sono felice di festeggiare insieme a loro. Il 5 ottobre sono quattro anni che sono sobrio, da quando sono entrato da quella porta per la prima volta. Il mio percorso di bevitore è iniziato molto presto… mio padre era un grande bevitore, un grande mangiatore, egocentrico, dittatore, se lui stava male, tutti stavano male, se lui stava bene, tutti stavano bene. Io non dovevo pensare, dovevo fare quello che diceva lui, se facevo cosa io non andava mai bene, se andava male quello che faceva lui, era colpa degli altri e se andava bene era merito suo. Sono cresciuto con questa ansia e paura di fare, questo timore e timidezza. Io mangio la ‘r’ e anche questa cosa non mi ha mai aiutato perché lui mi ha massacrato a livello psicologico in tutti i modi. Trattava male mia madre, la picchiava, insulti, piatti che volavano, minacce e via dicendo… non è mai successo niente di grave, ma era una situazione pressante. L’alcol in casa è sempre stato abbondante e di ottima qualità, ho iniziato a bere alle feste di Natale e Pasqua e poi da ragazzo una birretta, poi un’altra poi whisky… è stata la mia medicina, in discoteca mi aiutava ad essere più spigliato, per rompere la timidezza, per dormire bene. Poi mi sono sposato, sono andato via da mio padre e per un po’ di anni è andato tutto bene, poi è arrivata la separazione, m mi sono rifatto una famiglia con la mia compagnia”…

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Luca: “Ci sono ricaduto dopo 12 anni, bevevo mattina, pomeriggio e sera. Ora sono tornato ad assaporare la vita

Luca arriva dalla Val Cavallina, zaino in spalla, ha finito di lavorare da poco: “Vorrei focalizzarmi su due punti nello specifico: quanto è bastardo l’alcol? Io sono ricaduto dopo 12 anni e più di sobrietà, senza alcun aiuto in quei 12 anni, non avevo toccato un goccio d’alcol, fino a che un bel giorno ero con un amico, gli ho chiesto di berci uno spritz… l’avessi mai fatto. E’ bastato quel bicchiere per tornare ai due anni precedenti al mio arrivo qui, credo di aver bevuto una petroliera di birra… mattina, pomeriggio e sera. Quanti disastri combinati in famiglia, con moglie e figli, persino con il cane, con il quale mi sono riappacificato una settimana fa… penso che lui avesse percepito quello che stava succedendo”…

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Martina: “Ho detto a Pietro che l’avrei cacciato, doveva cambiare qualcosa. Noi familiari viviamo di riflesso ciò che loro hanno dentro e tutto quello che l’alcol li induce a fare

C’è ancora un’ultima testimonianza, quella di Martina, moglie di Pietro. “Sono quella persona a lui cara, che il 2 ottobre del 2021 lo ha invitato ad uscire dalla porta di casa, era un sabato e quel giorno il fondo l’ho toccato io… ne avevo sopportate tante, troppe. Quel giorno avevo un laboratorio di danza con i miei allievi e gli avevo chiesto di venire a prendermi… era devastato. In quel momento ho sperato che mi si aprisse il terreno sotto i piedi e che mi inghiottisse… avevo una vergogna infinita. 500 metri ci separavano da casa, ma ho avuto veramente paura, aveva negato di aver bevuto… le solite bugie. Alle tre di notte mi sono svegliata, lui non c’era, l’ho cercato ovunque e poi l’ho chiamato al telefono, mi ha risposto che era a correre sulla Vello – Toline. Quando è arrivato a casa, gli ho dato tempo una settimana per trovare una soluzione, altrimenti l’avrei sbattuto fuori e ti assicuro che ne ero convinta, l’avrei fatto. Noi familiari siamo la parte passiva di tutto questo, noi di riflesso subiamo, viviamo tutto che loro hanno dentro e tutto quello che l’alcol li induce a fare”…
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