Il racconto dei due superstiti: “Sotto i piedi sentii come un terremoto e mi sentii strappare dalla parete. Era partito tutto”
Quarant’anni fa. Un luglio afoso in valle di Scalve. Cinque alpinisti scalvini stanno facendo l’impresa. E’ un alpinismo locale che è cresciuto negli anni e adesso va lontano per arrivare in cima a una montagna “maledetta” delle alpi peruviane, una montagna che ha fermato ogni “assalto” di spedizioni di ogni nazionalità. La montagna ha un nome difficile da scrivere e pronunciare, Pukajirka. Una vetta che supera i 6 mila metri ma ha una particolarità. Ogni spedizione è stata fermata da due muri di ghiaccio, insormontabili, poco prima della vetta.
In valle l’idea è nata in una serata al Rifugio Albani, “perché non tentiamo noi?”. Ci vogliono soldi, parte l’appello e la raccolta dei fondi, qualche sponsor, ma soprattutto la Comunità Montana di Scalve e il Cai locale sono i promotori principali, dev’essere un’impresa di valle.
I cinque alpinisti sono Rocco Belingheri (Colere), Flavio Bettineschi (Colere), Livio Piantoni (Colere), Nani Tagliaferri (Vilminore), Italo Maj (Schilpario).
Sono “tutti noi”, la valle li accompagna idealmente, faremo vedere al mondo che da un alpinismo di necessità (il pascolo, l’andar per legna, per “fieno magro”, la caccia e perché no, il contrabbando) che aveva vissuto la montagna come fonte di reddito e non di vette su cui mettere “omini di pietra”, gli scalvini potevano permettersi di stare alla pari con il grande alpinismo, che in valle ha avuto un precursore, Placido Piantoni, che ha fatto da chioccia ai “giovani” alpinisti locali che adesso fanno il salto di qualità.