Diego, una vita per la missione: "Prima l'Etiopia poi il Brasile, costruivamo case con fango e paglia..."

Una vita per gli altri. Potremmo partire proprio da qui a parlare di Diego Ducoli, 57 anni, nato e cresciuto a Darfo Boario Terme, dove è tornato dopo lunghi anni in missione in giro per il mondo.
“Ho iniziato a lavorare con i ragazzi dell’Operazione Mato Grosso quando avevo 13 anni, facendo le raccolte di carta, stracci e ferro – racconta - poi ho studiato ai Salesiani a Brescia, e in quegli anni avevano aperto una missione nuova in Etiopia; mi avevano chiesto di andare con un gruppo di ragazzi che lavorava qui in Italia per le missioni, e in Etiopia sono rimasto per quattro mesi nel 1987, appena finita la maturità”.
Come ti sei trovato? “Era un Paese molto difficile dal punto di vista della documentazione ed era un momento abbastanza teso di guerra interna, per cui una volta rientrato in Italia non era stato possibile rientrare in Etiopia, anche se io ci sarei tornato molto volentieri”.
Perché saresti tornato? “Sai quando parlano del mal d’Africa? Ecco ti assicuro che esiste davvero, poi la mia idea era quella di partire e andare a dare una mano, perché io sono sempre stato così, anche da piccolo andavo a fare il bocia a mio nonno, facevo il meccanico, poi sono diventato perito elettronico, vedevo che là c’era tanto bisogno, c’era molta povertà e lo scopo principale della missione era quella di dare l’alimentazione e soccorso alla gente che non aveva niente e viveva in assoluta povertà. I Salesiani stavano iniziando a realizzare l’asilo, la scuola e l’oratorio, un’attività molto grande, ma non sono più tornato in quella terra, però ne ho nostalgia. Poi sono tornata in Italia e ho iniziato a lavorare, ma contemporaneamente ho sempre continuato a fare volontariato con il Mato Grosso”.
Poi è arrivato il Brasile: “In quegli anni era tornato qui un missionario di Darfo, Franco Rota, lui era in Brasile a Goiânia, abbiamo lavorato insieme per un po’ di tempo e poco dopo che era tornato in Brasile mi ha scritto una lettera dicendo che avevano aperto una nuova missione e che avevano bisogno di aiuto. Io gli ho risposto che stavo aspettando di partire per l’Africa e lui mi ha risposto nuovamente dicendomi se avessi voluto aspettare l’Africa per tutta la vita potevo farlo ma che loro avevano bisogno e così mi sono deciso, ci ho messo un anno per fare i documenti e avevo l’idea di restare un paio di anni e sono partito a novembre del 1990”.
ARTICOLO COMPLETO SUL NUMERO DI ARABERARA VALCAMONICA IN EDICOLA DAL 7 MARZO