Elisabetta, che dà voce al ferro che nessuno vuole più
"Galeotto fu un corso di lavorazione della creta. Quelle cataste di ferro arrugginito mi chiamavano...".

La Voce del Ferro. È così che il mio cammino ha incrociato quello di Elisabetta Chiudinelli sui social. 53 anni, art designer originaria di Darfo Boario Terme, dove vive e c’è la sua officina.
L’arte di Elisabetta è qualcosa incuriosisce: “Ho scelto questo nome per due motivi, la mia voce rauca e riconoscibile, quasi graffiante e perché ridò voce al ferro che nessuno vuole più, infatti uso solo gli scarti delle fucine e secondo me è molto artistico. Ho imparato a saldare a Bienno, il ferro inizialmente arrivava da lì, ma ora mi conoscono un po’ in giro per la valle e quindi parto con i miei secchi e prendo i vari scarti”.
Come è arrivato il ferro nella tua vita? “Galeotto fu un corso di lavorazione della creta proprio a Bienno più di 25 anni fa, ho iniziato a lavorarla con Carluccio, un pittore molto conosciuto… nel suo magazzino c’erano cataste di ferro arrugginito che mi chiamavano”.
E poi? “Gli ho chiesto di insegnarmi a saldare e da lì ho iniziato ad assemblare il primo ferro, creando vasi, portacenere e portacandele. La voglia di creare altro si è fatta più urgente e quindi sono passata ad una scultura molto contemporanea”.
Elisabetta mi accompagna dentro il suo mondo, dentro quella che lei chiama casa-bottega, dove custodisce molte delle sue opere: “Io sono abituata a lavorare per temi, quella è la base, la studio, indago, creo e poi passo ad altro. Ho iniziato dalle terre madri, poi i totem e i cubi, uno dei quali mi è stato chiesto dal Comune di Darfo Boario Terme contro la violenza sulle donne, ai pannelli che ho fatto durante il Covid, presi dalle vecchie finestre che mio padre aveva avanzato nella falegnameria, le ho sistemate e sono quadri di ferro”.
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