Hillary si è svegliata dal coma
“Volevano staccarmi la spina. Mi avevano dato l’estrema unzione ma sentivo le loro voci”.
Hillary è tornata dal buio. Caparbia. Davvero una “guerriera”, come si è definita. Arriva in redazione una mattina di un sabato di fine ottobre. Qualche difficoltà ancora nel camminare. “Ma adesso sto da dio…”. È un dio minore che le ha fatto salire un calvario che adesso racconta con la determinazione di chi ha combattuto la sua battaglia per sopravvivere. Aveva nove anni quando è entrata nel “buio” del coma e ai genitori i medici avevano detto che non restava che “staccare la spina”.
Torniamo indietro nel tempo. “Sono nata a Calcinate, sì, nell’ospedale, e abito a Telgate: ho 25 anni, ho un fratello più grande di me, adesso lavoro come impiegata nell’azienda di famiglia”. Insomma, adesso va tutto bene?
Hillary Ruggeri è accompagnata dalla zia Elena, “mi accompagna perché ho difficoltà motorie perché a me manca l’equilibrio, ho avuto una emiparesi nella parte destra, ho ancora difficoltà, se devo fare qualcosa di precisione uso la sinistra; infatti, dopo la emiparesi ho reimparato a scrivere con la sinistra, poi a poco a poco sono tornata a scrivere anche con la destra. Mangio usando la sinistra e scrivo con la destra, è un po’ un casino…”.
Parla con un po’ di difficoltà dopo l’ennesima operazione subita due anni fa. Ma torniamo a quando è cominciato tutto. Avevi nove anni. Cosa è successo?
“Quando avevo nove anni mia mamma, Cinzia, è stata operata per un meningioma, un tumore alla testa. Siccome il meningioma è una patologia di famigliarità, il neurochirurgo ha detto a mia mamma di far fare una risonanza a tutti i famigliari. Nessuno di loro ha voluto farla, ma erano tutti dei… cagasotto, (ride) l’unica che ha voluto farla sono stata io.
E mi hanno trovato un piccolissimo meningioma alla nuca, era piccolo, di pochi millimetri. Ho fatto accertamenti al Besta di Milano (Istituto neurologico Carlo Besta – n.d.r.) e mi hanno trovato un neurinoma al nervo acustico destro, ma erano piccoli, si poteva benissimo lasciarli lì e tenerli sotto controllo. Non sapevamo cosa fare e mia mamma fa, ‘facciamolo vedere al neurochirurgo che mi ha operato’. Così abbiamo fatto. Lui ci ha detto che si sarebbe occupato solo del meningioma, mentre il neurinoma l’avrebbe fatto vedere a un suo collega.
Eravamo ai Riuniti di Bergamo, ancora il vecchio ospedale. Una sera, eravamo lì a cena con papà e mamma e ci ha chiamato il chirurgo che si sarebbe occupato del neurinoma e ci ha detto che bisogna intervenire subito perché con lo sviluppo, avevo nove anni, potevo avere complicazioni e ci sarebbe stato un unico intervento togliendo tutti e due, ‘visto che interveniamo sul meningioma poi risaliamo e interveniamo anche sul neurinoma’.
Poi ci ha chiamato la caposala dicendo che l’intervento era già fissato, i miei hanno risposto che non avevano parlato col neurochirurgo, ‘no, hanno fatto tutto loro, l’intervento è già fissato’, ci ha risposto. Io avevo terrore, sai, eravamo tutti ignoranti in materia. Allora mi sono preparata dieci domande da fare al neurochirurgo, ero una bambina, erano domande un po’ banali, infantili, come su quanto sarei stata in ospedale, quando sarei potuta tornare a scuola e a danza, perché io facevo danza. Mi hanno detto che sarebbe stata una cosa veloce, di pochi giorni. Sono entrata in ospedale il 5 febbraio del 2008”.
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