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Anita Martinelli, da Alpino a Carabiniere

“Da piccola papà mi mostrava le foto della caserma. Difficile per una donna, ma era quello che sognavo”.

Anita Martinelli, da Alpino a Carabiniere
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Il sogno di una vita che si realizza, indossare una divisa che è cucita addosso. “Quando è arrivata la telefonata da Roma e mi hanno detto che avevo vinto il concorso, beh, dovevo rientrare al lavoro ma non ce l’ho fatta a guidare, sono rimasta ferma per un’ora… dovevo realizzare cosa stava accadendo”, Anita Martinelli, 28 anni, originaria di Piancogno, è la prima donna camuna ad essere entrata come Ufficiale nell’Arma dei Carabinieri. Un’emozione grande che lei descrive proprio così, con quei pochi istanti di chiamata che hanno spalancato le porte al suo sogno.
Il legame con la Valle Camonica è indissolubile da sempre: “Sono originaria di Piamborno e alle mie montagne sono molto legata, mi piace tornare ogni volta che posso, anche se Roma è distante”.
Il percorso che l’ha portata a Roma è stato lungo e impegnativo: “Ho frequentato la scuola superiore a Edolo, quella che era la vecchia forestale, poi tre anni di università a Siena e due di magistrale a Ferrara, mi sono laureata in Scienze Geologiche”.
Ma la passione più grande, quella nata quando ancora era una bambina, non è mai stata messa da parte: “Mio nonno e mio papà sono stati Alpini e quindi sono cresciuta con gli Alpini in casa. Papà mi mostrava sempre le foto di quando era in caserma e il mondo militare mi ha sempre appassionato. Gli anni sono passati, io ho deciso di studiare, mi sembrava giusto e poi ho deciso di provare il concorso VPF1, Volontari in ferma prefissata di un anno, e sono diventata poi un alpino, sono stata a San Candido e a Brunico per un anno”.
Esperienza tosta per una ragazza: “Direi di sì, se non si è dei montanari (ride, ndr) è dura da affrontare, soprattutto a Brunico. È già difficile di per sé, figurati per una donna… tra l’altro ero l’unica della mia compagnia, le altre stavano in ufficio. Io ero sempre fuori con gli uomini, lo zaino sulle spalle, fucili in mano per fare addestramento… non è stato facile, anche e soprattutto mentalmente dover resistere e dover magari dare di più rispetto agli uomini… ma era quello che volevo fare. Non mi sono mai trovata male, anzi mi piaceva la competizione, non ho mai sofferto particolarmente e non ho avuto grossi problemi”.

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