Pisogne

Attilio e mamma Piera: “Le ho portato i pavesini…”. Francesca: “Un sogno vedere mia nipote”. Mamma Maria a Raimondo: “Non dimenticarti di me”

Da lunedì 3 maggio la casa di riposo ha riaperto alle visite dei parenti.

Attilio e mamma Piera: “Le ho portato i pavesini…”. Francesca: “Un sogno vedere mia nipote”. Mamma Maria a Raimondo: “Non dimenticarti di me”
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Lunedì 3 maggio. Per molti è un giorno qualsiasi scritto in nero sul calendario, per gli ospiti della RSA di Pisogne invece è un giorno davvero speciale. Dopo più di due mesi la struttura riapre le porte ai parenti (in realtà qui le visite non si erano mai fermate, soltanto quando a febbraio è arrivato l’arancione rinforzato).

A distanza, divisi da un plexiglass, i visitatori provano la temperatura all’ingresso, firmano un’autocertificazione, gel sanificante alle mani, insomma un incontro in totale sicurezza. E’ primavera, e non tanto per le temperature e per il cielo azzurro che si fa vedere soltanto a sprazzi, ma è primavera nel cuore degli anziani e delle loro famiglie. Perchè tornare a guardarsi negli occhi senza lo schermo di un tablet davanti è qualcosa di meraviglioso, che forse a parole è difficile spiegare. Una rinascita che si legge negli occhi di chi questa casa di riposo la vive tutti i giorni.

Il nostro viaggio parte alle 9,30 del mattino, è proprio a quest’ora che iniziano le prime visite. Incrociamo il presidente Oscar Panigada che dall’ingresso ci accompagna nel salone, dove già alcuni anziani attendono impazienti il loro turno. Il sole timido fa luce nel salone, Mara è l’animatrice che si occupa della gestione dei turni di visita, controlla che il tutto si svolga in sicurezza, sanifica tavoli e sedie ogni volta che entra il parente successivo.

“E quando gli ospiti hanno qualche difficoltà, io li aiuto a dialogare. Sono tutti molto felici di aver ripreso le visite, ne abbiamo programmate già circa un’ottantina per questa settimana”, nelle parole di Mara si respira tutto l’amore per questo mestiere.

E  il telefono continua a squillare, la voglia di tornare a guardarsi negli occhi è molta. A Mara e alle sue colleghe tocca però anche il compito più difficile, un occhio all’orologio, e poi  con quel tono di voce allegro, che rende un po’ meno pesante la separazione: “il tempo è scaduto, vi devo far salutare”.

C’è anche qualche lacrima che riga il viso,  la promessa, stavolta per davvero, di vedersi ancora, “mamma non ti voglio vedere così, torno presto”.

E poi ci sono tanti sorrisi nascosti dietro le mascherine, ma se quelli li possiamo soltanto immaginare, ci sono gli occhi ad esprimere le emozioni più belle.

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