Enzo Bona, il ‘Sant’Obizio’ e la botanica
“Qui abbiamo una ricchezza grandissima anche se molti non se ne rendono conto, abbiamo il paradiso ma facciamo fatica a farlo capire”.
Un premio che riconosce il lavoro di una vita. La passione che ha nutrito studi e contributi.
La competenza che ha arricchito il patrimonio di conoscenza ora a disposizione di tutta la valle.
Innocenzo Bona, 68 anni, di Capo di Ponte, ha ricevuto nei giorni scorsi il premio Sant’Obizio. Il prestigio riconoscimento attribuito da Comune di Niardo, Comunità Montana e BIM va ad onorare il lavoro svolto dal botanico per i valori delle genti di montagna e in particolare della Valle Camonica. Qui, dove Innocenzo è nato e vive da sempre, nonostante il suo lavoro l’abbia portato a viaggiare per tutta Europa.
“La mia passione per la botanica nasce da molto lontano – inizia a raccontare con un sorriso che sa di cordialità - Dopo aver frequentato le scuole Superiori a Breno, ho iniziato un percorso di formazione informatico-matematica in una grossa multinazionale.
Sono stato assegnato a dei progetti che prevedevano la contribuzione matematico-statistica nella ricerca botanica. Da lì nato uno scambio paritario tra botanica e statistica: io aiutavo loro con l’analisi, loro mi insegnavano la botanica.
Ho avuto la fortuna di portare avanti insieme studio e lavoro: praticamente nella mia vita ho lavorato 42 anni e studiato 25 anni, pur avendone 68”.
Un percorso che permette ad Enzo di maturare una doppia professionalità, tanto rara quanto preziosa.
“Sono riuscito a fondere le capacità di organizzatore di informazioni e di uomo delle felci. Penso che questa sia una direzione per il futuro: maturare professionalità trasversali nella ricerca per far fronte alla complessità, che noi stessi abbiamo generato e non siamo in grado di capire.
Credo infatti che la complessità non sia presente in natura, siamo noi che creiamo sistemi di riferimento, tabelle, algoritmi, mentre in natura tutto è in sequenza, un ecosistema lavora in modo preciso”.
Enzo Bona inizia presto a lavorare con i botanici di tutta Europa.
“Ho scritto le prime banche dati per dati floristici e botanici. Parliamo di un lavoro di ormai 40 anni fa… Ho iniziato con lo studio delle felci, accorgendomi che non c’era molta gente che si occupava di questo gruppo di piante senza fiore evidente.
Sono piante vascolari ma senza fiori, godevano di pochissima considerazione se non fra gli appassionati.
Da questo studio è nato il coinvolgimento di tantissimi ricercatori di diverse università di tutta Europa, in particolare inglesi e tedeschi: con l’applicazione del metodo statistico abbiamo prodotto il primo atlante di distribuzione che studia dove si collocano le varie specie di felci sulla porzione meridionale orientale dell’arco alpino, dal lago di Como alla Slovenia.
Sono nati così i primi modelli distributivi: modelli matematici dell’interazione uomo-paesaggio-specie. Negli anni il lavoro è continuato, si è messo in opera l’atlante distributivo di tutte le specie vascolari: non solo le 130 felci ma 4.000 specie: è un progetto degli anni ’90, coordinato dal professor Fabrizio Martini dell’Università di Trieste, che ha visto il coinvolgimento di 250 persone. Io lì mi sono occupato dell’organizzazione delle informazioni”.
Questi modelli di studio si diffondono presto nel resto d’Italia e in Europa.
“Le banche dati si sono diramate un po’ dappertutto. Il lavoro si è potuto sviluppare grazie alla diffusione dell’informatica domiciliare distribuita: un tempo si utilizzava solo il mainframe, con il computare portatile e internet la ricerca è diventata più facile.
Il mio lavoro è andato avanti fino a culminare nel 2019 con la pubblicazione dell’atlante della flora vascolare del bacino superiore del fiume Oglio, preparato per la Comunità Montana, come secondo contributo degli atlanti della biodiversità”.
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