PRIMO PIANO

Giugno, il mese dell’orgoglio gay

Le storie di Simona e Alexia. Giulia, presidente di Equanime, ci racconta l’associazione nata nel 2015.

Giugno, il mese dell’orgoglio gay
Pubblicato:
Aggiornato:

Giugno è il Pride Month in tutto il mondo. Il mese del Gay Pride, dedicato all’orgoglio gay, alla parità di diritti di genere e all’amore in ogni sua forma.

Per dirlo con una sigla universale, in questo periodo si celebra ufficialmente l’orgoglio della comunità LGBTQIA+, della quale fanno parte persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender e, dagli ultimi anni, Queer (un termine generico usato per indicare coloro che non sono eterosessuali o non sono cisgender, ovvero persone la cui identità di genere corrisponde al genere e al sesso biologico), Intersessuali e Asessuali.

Il “+” sta a indicare tutti gli altri generi meno definibili. Per un’inclusione totale, nel segno dell’uguaglianza di genere.

Il Pride Month cade nel mese di giugno per un fatto specifico accaduto nella notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969. Una notte apparentemente qualsiasi, durante la quale la polizia fece irruzione nello Stonewall Inn, un bar gay del Greenwich Village di New York. Una retata come tante altre ne venivano fatte nei locali gay. Ma quella volta i presenti, accusati ingiustamente di indecenza solo per il loro orientamento sessuale, si ribellarono.

Simona, 21 anni: “Sono bisessuale, studio alla Cattolica, a scuola mi chiamavano la ‘sindacalista’”

Simona è dall’altra parte dello schermo, sorride. Simona ha 21 anni e di cognome fa Bontempi, è “camuna di nascita”, come tiene a sottolineare, abita a Esine ed è una studentessa al secondo anno di università. Studia in Cattolica per diventare assistente sociale, una passione forte che si respira nel suo entusiasmo fin da subito.

Un pendente tondo con i colori dell’arcobaleno – simbolo della comunità Lgbt - sull’orecchio destro ci conduce dritti nella sua vita, nella sua storia, che è pronta a raccontarci tutta d’un fiato, “anche se so che la mia è soltanto una voce”. Un vortice di emozioni, un fiume in piena di parole che corrono veloci.

Ma prima di parlarci di lei, Simona ci tiene a fare un passo indietro. Ci parla di Equanime, del suo incontro con l’associazione, che è diventata un punto centrale della sua vita: “Faccio parte di Equanime dal 2016, avevo 16 anni, piena adolescenza. Un periodo particolare della vita di ognuno, ma lì sono cresciuta e ho costruito la mia identità proprio grazie all’associazione. Sono orgogliosa di farne parte ancora oggi, per me continua ad essere un punto di riferimento così come lo è per tutta la comunità Lgbt camuna e non solo. Spesso viviamo in luoghi che ci sembrano chiusi e in situazioni opprimenti, trovo che l’associazione sia un luogo sicuro per tutti, dove possiamo far sentire la nostra voce, dove possiamo affrontare diverse tematiche non soltanto collegate alla comunità Lgbt. Io ho trovato supporto in questa associazione e spero che sia lo stesso per altre persone che si vogliono avvicinare per chiederci una mano, sia a livello informativo che umano”.

Alexia, psicologa, 31 anni: “A 27 anni outing, ho confessato a mio fratello che mi piaceva una ragazza…”

“Credo di essere un caso un po’… atipico”, Alexia Gulberti sorride dall’altra parte del telefono quando ci parla della sua storia. 31 anni ancora da compiere, nella vita fa la psicologa, lavora nelle scuole come assistente scolastico, è originaria di Sonico, ma da qualche anno abita a Malonno.

Partiamo da Equanime, dal primo incontro: “Ero capitata per caso in un bar dove avevano organizzato un aperitivo. Poi, qualche tempo dopo, e dopo aver fatto coming out sono tornata a cercarli e così ho iniziato ad essere parte attiva dell’associazione.

L’anno scorso durante la pandemia abbiamo dato il via ad un progetto in cui crediamo molto, insieme ad una ragazza che si stava preparando a diventare assistente sociale abbiamo attivato uno sportello di ascolto dedicato a chi ha bisogno di affrontare le tematiche che la stessa associazione ha a cuore.

Purtroppo viviamo in piccoli paesi in cui resistono i pregiudizi sia per quanto riguarda l’orientamento sessuale che razziale… e quindi molti sono in difficoltà sia a dire che vanno dallo psicologo, perché automaticamente ti danno del pazzo, e che sono omosessuali, figuriamoci a unire entrambe le cose.

Per fortuna ci sono persone che la prendono in modo… easy, altre invece ti dicono che non devi parlare, che non devi farti vedere. Insomma, a volte devi farti un’idea di chi hai di fronte prima di aprirti e questo vale anche a livello lavorativo”.

Hai esordito dicendoci che tu sei un caso atipico, perché? “Ho accettato tardi il mio orientamento sessuale, ho fatto coming out quando avevo 27 anni. In realtà ho sempre saputo quale fosse, ma mi imponevo che non doveva essere così. Ripensandoci so che anche durante l’adolescenza delle persone mi avevano colpito o comunque mi rendevo conto che avevo interesse nei loro confronti, ma non ho mai dato attenzione alle voci che avevo dentro… e così mi dicevo che dovevo stare con i maschi. Per molti anni sono stata insieme ad un ragazzo… ma poi ho capito che non stava andando come avrei voluto. A un certo punto, quando ho lavorato su me stessa anche per altre questioni, mi sono resa conto che era arrivato finalmente il momento di ascoltarmi e non potevo più andare avanti così”.

Giulia e l’associazione Equanime: “Conta quello che sei dentro e basta”

“In Valle Camonica non esisteva un’associazione come la nostra e nel 2015 abbiamo capito che ce n’era bisogno”, esordisce così Giulia, 29 anni ancora da compiere, che di cognome fa Cotti Comettini. Lei è la presidente di Equanime dall’inizio del 2020. “L’associazione è stata fondata da un gruppo di ragazzi molto giovani, alcuni frequentavano ancora le scuole superiori, pochi membri avevano più di trent’anni, io stessa ero agli inizi dell’università. In quel periodo c’era parecchia disinformazione sulle tematiche Lgbt (acronimo di origine anglosassone che racchiude le parole lesbica, gay, bisessuale e transgender/transessuale, ndr). Da un incontro di altri che ci ha piuttosto scandalizzati, siamo nati noi. Perché l’abbiamo chiamata Equanime? Un nome che per noi significa che conta quello che sei dentro e basta, che l’equità e l’uguaglianza non dipendono dal tuo orientamento sessuale. La nostra prima sede era a Braone, poi ci siamo spostati a Boario, nella casa delle associazioni. Questo ci permette di metterci a confronto anche con altre realtà del territorio, di collaborare con loro e di crescere sempre di più. Stiamo cercando di ripartire per quanto riguarda i numeri, prima del Covid eravamo un centinaio, tutti operativi, adesso siamo una quarantina. Ci tengo a precisare che la nostra associazione è aperta a tutti indistintamente, anche persone non Lgbt, io per esempio non sono un membro della comunità Lgbt. Siamo convinti sia importante lottare per quello in cui si crede e a volte è meglio battersi vivendo la situazione da fuori. Ci sono ragazzi e ragazze, mentre per quanto riguarda le età andiamo da ragazzi molto giovani fino ai 50 anni, ma viaggiamo in media tra i venti e i trent’anni”.

Parliamo del percorso di Equanime in terra camuna… “Devo innanzi tutto dire che in questi primi anni la cultura nei confronti di queste tematiche è cambiata molto, adesso si è più aperti, anche se in realtà di episodi negativi in Valle Camonica non ne abbiamo vissuti tanti.

Seguici sui nostri canali