sacca di esine

Isidora & Dennis: “Ci è crollato il mondo addosso. Siamo andati ovunque insieme... senza vergogna. Non chiamatemi mamma speciale”

Isidora & Dennis: “Ci è crollato il mondo addosso. Siamo andati ovunque insieme... senza vergogna. Non chiamatemi mamma speciale”
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“Quando arriva la diagnosi ti crolla il mondo addosso, ti cambia la vita, è come se il tempo si fermasse in quell’istante… ma tu non ti puoi fermare”, inizia così il racconto di Isidora, 44 anni. Siamo alla Sacca di Esine, Isidora è un fiume in piena, un vortice di emozioni.

La dura diagnosi è quella di autismo e questa è la storia di una donna, moglie, lavoratrice e soprattutto di una mamma, “ma non chiamatemi mamma speciale, sono una mamma come tante altre” e di un figlio, Dennis, che ha 18 anni.

Torniamo alla diagnosi, pochi giorni prima di Natale, Dennis aveva cinque anni: “Un po’ ce l’aspettavamo, perché quel periodo continuavamo a fare esami su esami per capire il motivo per cui Dennis non rispondesse nemmeno alle domande più semplici, non interagiva con nessuno, nemmeno con me, che gli chiedessi se voleva mangiare o come si chiamava, il risultato era lo stesso… viveva nel suo mondo. Inizialmente mi avevano detto che era sordo, ma non poteva essere così, sono andata dal pediatra, abbiamo fatto mille prove e poi ci hanno mandato a Brescia. Per questo esame abbiamo dovuto attendere due anni, perché a Esine non lo facevano. Quel giorno Dennis aveva 39,5° di febbre ma l’ho portato comunque altrimenti chissà quanto avremmo dovuto aspettare ancora. È entrato in una grande stanza e hanno iniziato a farlo giocare. Finito questo esame, ci siamo seduti alla scrivania e mi sono sentita dire ‘signora, suo figlio è autistico’. Una doccia fredda, io non avevo idea di cosa fosse, di cosa volesse dire avere un figlio autistico. Ogni parola dei medici mi scivolava addosso, ho pensato subito al futuro, ‘cosa farà quando io morirò’, mi sono resa conto che stavo correndo, mi stavo facendo mille domande mentre mi stavano spiegando cosa fosse questo autismo. Mi sono fermata un attimo, mi sono resa conto che avrei dovuto affrontare subito il problema e non pensare a quando sarebbe stato grande. Non l’ha presa bene nessuno in famiglia, mio marito diceva che non poteva essere così, che si erano sbagliati, i miei genitori non hanno parlato per un mese. Una batosta. Ma io sono una combattente, sono sempre stata così, c’è un problema? Ci sarà anche una soluzione… bisogna cercarla. Non era il momento di piangersi addosso, non avrebbe fatto bene a me e nemmeno alla mia famiglia e allora ho iniziato a bussare a tante porte, anche se qui in valle di autismo non se ne parlava ancora… almeno fino a quando è nato lo Spazio Autismo a Cividate. Lì si è aperto un mondo, ho trovato un supporto di persone preparate, che hanno aiutato molto mio figlio. Non volevo che fosse messo in un angolo, trascinato da una parte all’altra come un pacco postale”.

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