La paga dei sindaci schizza a un minimo di 2 mila euro (3 mila per i Comuni medi)
Un risveglio dell’impegno amministrativo? Alle elezioni comunali anche in paesi piccoli, per miracolo, si è invertita la tendenza data ormai per irreversibile delle liste uniche. All’improvviso ecco due, addirittura tre liste. Cosa è mai successo per ridestare la disponibilità di gente che l’impegno civico non se lo filava proprio a presentarsi come candidati a sindaco? Certo, le generalizzazioni sono ingenerose, ci sono sindaci che si sono ridotte le indennità, ci sono sindaci che addirittura le hanno azzerate. Ma il sospetto che nel rinnovato impegno ci sia anche per molti una componente economica non è infondato (alcuni candidati ce lo hanno confessato con la tranquillità di chi “sa come va il mondo”).
C’è stato un tempo in cui l’impegno politico e amministrativo aveva ben altre motivazioni, ideali, perfino utopie, voglia di cambiare il mondo partendo dal proprio “piccolo mondo antico”, un impegno di volontariato, c’era (e c’è) chi fa volontariato, gratuito, nelle varie associazioni, il “mio” volontariato è quello di mettermi a disposizione per qualche anno nell’amministrare il “mio” Comune, al servizio dei “miei” compaesani. Con il risvolto che la fascia tricolore non ti preserva poi dagli insulti per non riuscire a risolvere tutti i problemi del paese.
Fino al 2000 le indennità dei sindaci dei piccoli Comuni erano in media di circa 400 lire al mese (più le spese di “missione” da rendicontare quando si doveva andare a Milano in Regione o addirittura a Roma in qualche ministero). Con il decreto del 2000 erano schizzate in alto, fino 1.300 euro (tradotto dalle lire allora ancora in vigore), saliti a 1.600 euro nel 2019. Ma adesso l’incremento è davvero corposo.
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