L’indotto ferma 400 mila lavoratori, 12 miliardi di euro, l’economia di intere regioni
La pista da sci si è svegliata agitata, il 15 febbraio. Era un po’ ne(r)vosa. Gli operatori del settore invece erano furibondi. Ma se tutti invocano ristori per gli impianti, e ristori saranno, salvo imprevisti, pochi, calcolando il danno incredibile a tutto l’indotto, e per loro nessun ristoro.
Perché se a Roma hanno calcolato lo sci come uno sport da fermare così come si sono fermati gli altri sport, hanno dimenticato alcuni particolari fondamentali, che dietro lo sci lavorano non direttamente migliaia di lavoratori, dai ristoranti che accolgono chi va a sciare, i bar, gli alberghi, tutti avevano fatto scorta di cibo che adesso finirà nella spazzatura, tutti avevano assunto lavoratori stagionali che ora sono a piedi.
Mettiamoci anche tutti i negozi di vario tipo che si trovano nei pressi delle stazioni turistiche e che già avevano dovuto fare i conti con le chiusure da lockdown e il gioco è fatto. Aggiungiamo anche i lavoratori stagionali per battere le piste, sistemare la zona e anche qui sono centinaia di famiglie.
Insomma, un disastro che va oltre il semplice skipass o gli impianti di risalita. E poi c’è un altro fattore. Lo sci si pratica esclusivamente all’aria aperta, con casco e occhiali, insomma, sulla carta uno sport sicurissimo.
E alla fine aggiungiamo la tempistica, comunicazione di non apertura alle 19 della sera prima, insomma, la frittata è servita. E mentre le stazioni, giustamente, alzano la voce, facciamo due conti.
Partiamo dalla fine, dalle aziende del comparto dello sci che registrano un crollo delle vendite tra il 50 e il 60%, con conseguenze drammatiche sugli ordini delle nuove produzioni, su cui pure hanno investito realizzando prodotti eccellenti, che ricadranno pesantemente sulla prossima stagione invernale. “Abbiamo buttato al vento milioni di euro in quest'ultima settimana”, denuncia l'Associazione dei comuni montani.
L’assessore allo sport della comunità montana Maugeri: “Speranza spieghi la differenza tra passeggiare e sciare all’aria aperta”
L’assessore allo sport della Comunità Montana Valle Camonica: “Il Ministro Speranza blocca ancora una volta lo sci e a questo punto condanna le stazioni sciistiche a salutare definitivamente questa stagione. Vorrei che il Ministro mi spiegasse che differenza c’è tra la gente che ho visto passeggiare all’aria aperta oggi pomeriggio sul lungolago in maniera ordinata e rispettosa delle normative COVID e gli sciatori che, allo stesso modo, con mascherina, potevano iniziare finalmente a calcare le piste innevate, dando così un minimo sollievo alle stazioni sciistiche pesantemente condizionate da queste decisioni. Ho bisogno di capire quale è la differenza”.
Adamello Ski - "Stop all’ultimo minuto? Mancanza di rispetto"
L’Adamello Ski di Ponte di Legno sta attraversando una crisi senza precedenti.
Le ulteriori restrizioni hanno causato notevoli perdite e grande frustrazione: “Siamo molto amareggiati – spiega il direttore dell’Adamello Ski Michele Bertolini - . Dopo tanti lavori, all’ultimo minuto ci è stato comunicato lo stop. Purtroppo, è una mancanza di rispetto. Dopo aver sprecato molte energie, dopo il duro lavoro e le risorse impiegate per poterci adeguare alle linee guida approvate dal cts, ci è stato impedito di riaprire le piste”.
Scuola sci Montecampione - Lorenzetti: “Stagione chiusa, venti giorni per recuperare?”
“Siamo in disappunto perché ci hanno detto che non avremmo potuto ricominciare soltanto la sera prima e nemmeno per vie ufficiali.
Accettiamo la decisione perché è giusto così, non vogliamo essere polemici, ma siamo completamente fermi da troppo tempo… e di questo lavoro noi viviamo”, spiega amareggiato Francesco Lorenzetti, direttore della Scuola Italiana Sci Montecampione.
Gli sforzi in vista della ripartenza sono stati molti… “Siamo in una quarantina di persone a ruotare attorno a questa realtà. Abbiamo adeguato tutte le sedi delle scuole dove ci sono gli accessi per i clienti con tutte le normative anti Covid. Insomma abbiamo avuto molte spese e zero entrate. Abbiamo anche un noleggio a quota 1800 che vendendo articoli sportivi poteva restare aperto e non ha nessun diritto… ma nessun cliente è mai entrato”.
E ora come si guarda al futuro? “Ci siederemo al tavolo insieme ai soci e decideremo il da farsi. Ripartire il 5 marzo, sempre che sia davvero così, vuol dire comunque promettere qualcosa che non ha senso, non solo per noi che abbiamo una quota medio bassa, ma anche per le stazioni più grosse.
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