PISOGNE - GRATACASOLO - Lorenzo che sarà Rachele: “Gli sguardi della gente, le risatine... quello che era un rifiuto ora è la mia forza. Sono orgogliosa di essere donna”
“Mi chiamo Lorenzo, ma sarò presto Rachele”, inizia così a raccontarsi Lorenzo Signorini. 17 anni, le 18 candeline le spegnerà il 30 marzo, vive a Gratacasolo, frazione di Pisogne, insieme alla sua famiglia. È un pomeriggio di fine febbraio, un lungo viaggio in treno l’ha portata in città a Brescia, “sono al quinto incontro in clinica, vengo qui una volta a settimana per seguire un percorso che mi porterà a realizzare il sogno più grande della mia vita, essere donna a tutti gli effetti. Sono al settimo cielo”. Dall’altra parte del telefono una voce squillante, piena di energia e di amore per la vita. “Mi dicono spesso, e hanno ragione, che sono molto fortunata ad avere al mio fianco una famiglia che non mi ha giudicata, ma mi ha supportata fin dal primo istante e credimi che questo vale davvero molto per me. E poi ci aggiungo il fatto di essermi scoperta presto, è una cosa a cui tengo molto”.
Non è stato semplice confrontarsi con una società che spesso non capisce: “Io ne parlo con tutti, porto avanti un desiderio che prima era diventato un rifiuto, poi il mio punto di forza più grande. Ho sempre avuto a che fare con gli sguardi della gente, che possono essere apprezzabili e altri meno, le battutine, le risatine sotto i baffi che ti lasciano l’amaro in bocca… ma riesco a sconfiggere tutto grazie a questo mio modo di essere e dire ‘eh no, alla queen non puoi fare niente’. Ho questa forza, questa audacia che deriva dalla mia personalità che è nata negli anni. Quando ero piccola ero timida, avevo paura anche a parlare e guardare negli occhi una persona, cosa che adesso non mi viene neanche in mente. Ero sempre riservata e adesso è una parola che ho tolto dal mio dizionario così come la vergogna di essere come sono, di avere un taglio di capelli di questo genere, di indossare cappelli, di sentirmi me stessa, di essere a mio agio ovunque. Mi dicono che vedo spesso il bicchiere mezzo pieno… eh no, il mio bicchiere straborda”.
Quando ti sei resa conto di vivere dentro un corpo che non ti apparteneva? “Ho passato anni, alle Elementari e alle Medie, in cui ho represso questo mio lato femminile. Ero abituata a giocare in casa insieme ai miei cuginetti, il mio fratellino e la famiglia e io facevo sempre la mamma, non mi interessava né dove, né quando, né con chi ma io ero sempre la mamma (sorride, ndr). Non mi ponevo nessun problema, avevo quel ruolo, mi piaceva essere lei e quindi andava bene così. Ma fuori era diverso.
SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 4 MARZO