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Quella “linea della vita” di Enea e Linda si è troncata nella primavera di dieci anni fa

Il ricordo delle due mamme.

Quella “linea della vita” di Enea e Linda si è troncata nella primavera di dieci anni fa
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“L’immortalità è nel ricordo di chi resta. Non è egoismo, ma l’omaggio che facciamo costantemente ai nostri ragazzi è ciò che li tiene in vita ogni giorno che passa. Questo è il nostro compito, tocca a noi mamme continuare a farli vivere in mezzo agli altri. Ed è per dare un senso alla tragedia che abbiamo vissuto che è nata la ‘La Linea della Vita’”, inizia così il racconto di Erika e Rosanna, mamme di Enea Mondini e Linda Venturi.

Un vortice di emozioni, di sorrisi e di lacrime, di ricordi che restano indelebili nel cuore.

Dieci anni dopo quell’incidente che s’è portato via i loro corpi, ma non le loro anime.

Linda ed Enea se ne sono andati il 26 e il 27 marzo del 2011, dopo una serata passata in compagnia.

Un sabato sera che doveva essere come tanti altri e che in pochi attimi ha spazzato via i sogni, i progetti, le vite di due giovani.

Dieci anni dopo Enea e Linda continuano a vivere nelle parole, nei gesti di chi li ricorda con lo stesso amore di quel tempo.

Tempo che non passa e che spesso non cura nemmeno le ferite.

“Penso di parlare per entrambe – spiega Erika -, i nostri figli li ricordiamo ogni giorno e forse un po’ egoisticamente vorremmo che non se ne andassero mai dalla mente di nessuno. Sono nonna di quattro nipoti e a tutte loro ho voluto far conoscere Enea, che era un ragazzo normalissimo, splendido, gentile e premuroso, sempre attento. Aveva un carattere bellissimo, solare e positivo, e poi sì, aveva anche i suoi difetti, devo essere obiettiva (sorride, ndr), qualche marachella l’ha combinata pure lui.

E ora lo rivedo nelle mie nipoti, in particolare nell’ultima arrivata della famiglia, che è nata il 21 agosto, lo stesso giorno di Enea.

Da quando se n’è andato… sono cambiate tante cose, anche noi non siamo più quelle di prima, io ho iniziato a vivere le gioie in modo diverso e forse è normale che sia così. Non sono gioie a metà, ma hanno un sapore particolare, se lui fosse stato qui le avrei vissute diversamente.

A dire la verità per me lui non se n’è mai andato, la sua camera è ancora come dieci anni fa, non ho spostato nulla, c’è ancora una sua camicia appesa, lui è qui con noi. Il suo ricordo è continuo, passa il tempo e il vuoto si fa sempre più grande, anche se piano piano c’è un po’ di serenità in più. Forse perché lo vedo allegro, felice, come era nell’ultimo periodo.

Voleva finire gli studi di Giurisprudenza, era al quinto anno, ma al contempo voleva realizzarsi con la sua attività. Mi diceva sempre che gli parlavo degli studi ma non gli chiedevo mai dei suoi progetti. Dopo l’incidente dicevo alle persone che avevano figli di lasciar fare loro quello che vogliono, perché quando realizzano i loro sogni sono felici e quando sono felici si sente. Aveva 16 anni quando è venuto a dirmi che avrebbe voluto fare un’esperienza all’estero come aveva fatto sua sorella. Mi ha guardato, mi ha detto: ‘sono felice a 360 gradi, ho una bella famiglia, a scuola non brillo, ma luccico, ho combinato un po’ di marachelle, ma le ho superate e io tutte quelle paturnie che hanno i miei coetanei non le sento’ e io ero felice perché sentivo che era davvero così, lui voleva vivere bene in quel momento ed è proprio la frase che abbiamo scelto per lui, ‘io voglio vivere bene ogni momento della mia vita’”.

Anche Linda continua a vivere negli occhi emozionati di Rosanna: “Una ragazza normale, come tante, piena di progetti. Linda è unica, speciale. Sono dieci anni della sua assenza fisica, del poterla abbracciare, ma dieci anni in cui ho rivissuto, riguardato il rapporto che ho avuto con lei, fin da quando era piccola, quando l’ho presa tra le braccia per la prima volta. Ricordo i momenti della sua infanzia, le sue frasi, i suoi giochi, io che non sempre la capivo, io che da adulto esigevo delle cose da lei. E ancora i momenti che abbiamo vissuto insieme quando è rientrata a vivere a casa dopo l’esperienza che l’aveva portata a Bergamo, il suo lavoro all’Archeopark, aveva realizzato il suo sogno, lavorare e promuovere l’attività di famiglia. Avevo davanti a me una giovane donna che stava crescendo, spiritosa, che trovava sempre la battuta per farci scoppiare a ridere, cercava di responsabilizzare anche suo fratello.

Linda amava divertirsi, amava la sua giovinezza, era una di quelle che ballava sui tavoli, di una vitalità incredibile e allo stesso tempo aveva il senso del dovere, della famiglia, amava la sua valle ed era felice di vivere qui. A Linda dicevano tutti che era una ragazza buona, che non parlava mai male di nessuno, ma lei mi diceva ‘mamma, per me è facile essere così, ho tutto nella vita, capisco quelle persone che sono prese male’.

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