Ruggero Bontempi, il ‘pì de Alento’, si racconta: “L’infanzia, la passione per la moto, quella lettera di minacce che mi ha convinto a candidarmi, l’amore con Stefania sbocciato a 15 anni”
Famiglia, amministrazione, lavoro. Queste sono le tre pietre angolari su cui si regge la vita di Ruggero Bontempi, primo cittadino di Berzo Inferiore. Lo abbiamo incontrato nell’edificio che ha voluto ristrutturare destinandolo a sede municipale.
Seduto alla scrivania, Bontempi riavvolge i nastri della memoria e torna indietro nel tempo, ai tempi della sua infanzia.
Parliamo del Ruggero bambino: gli piaceva andare a scuola, giocare a calcio, stare insieme agli amici?
“Caratterialmente ero timido, molto più di adesso, ero piuttosto chiuso. Sono sempre andato bene a scuola, non ero il primo della classe ma nemmeno l’ultimo, me la cavavo bene, tanto che nel percorso scolastico non ho mai avuto problemi.
Anzi, per assurdo ho incontrato meno difficoltà all’Università piuttosto che alle Superiori. Amici ne ho sempre avuti ed ho sempre avuto la passione per il calcio. A cinque anni ho anche iniziato a sciare”.
Quelle per calcio e sci sono passioni che l’hanno accompagnata anche durante la giovinezza e l’età adulta?
“Sì, ma a 17 anni ho avuto un infortunio al ginocchio giocando a calcio, quindi per un decennio ho dovuto troncare ogni attività sportiva.
Ho poi ripreso a giocare a calcetto e l’ho fatto fino a pochi anni fa.
Poi, quando mi sono accorto che non riuscivo più a rincorrere i giovani – sorride - ho capito che era meglio smettere. Oltre al calcio e allo sci, durante l’adolescenza ho aggiunto il judo e la palestra, questo fino all’infortunio al ginocchio di cui parlavo. Un’altra mia passione è sempre stata quelle delle motociclette.
Ne ho sempre avuta una e mi piace ancora oggi andare in giro in moto”.
Quale era (e quale è) la sua squadra del cuore? “Il Milan”.
Da bambino e da ragazzo frequentava l’oratorio?
“Sì, sempre. Era il punto di riferimento di noi bambini dell’epoca. L’ho frequentato anche durante l’adolescenza.
Quando andavo in giro in moto, come dicevo prima, poi mi trovavo all’oratorio con i miei amici e ci si fermava a giocare a calcio, a calcetto o con i videogiochi”.
Qual era (e qual è) il suo rapporto con la religione?
“Buono, sono sempre stato religioso, anche adesso. Io provengo da una famiglia molto religiosa.
Mio padre aveva addirittura due zii parroci e due zie suore. Nel complesso, tutti i Berzesi non possono non essere legati al Beato Innocenzo e alla Madonna Pellegrina”.
Da bambino faceva il chierichetto? “Sì, l’ho fatto per alcuni anni”.
Parliamo adesso della sua famiglia d’origine.
“Eravamo in quattro: papà Valentino (che tutti chiamavano Alento), mamma Glisentina, mio fratello Daniele, che ha sette anni più di me, e poi c’ero io. Io e Daniele eravamo chiamati ‘i pì de Alento’ o ‘i fioi de Alento”.
SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 4 FEBBRAIO