appunti di storia

Guelfi e Ghibellini in Valle Camonica

Guelfi e Ghibellini in Valle Camonica
Pubblicato:

di Valerio Moncini

Il 28 ottobre del 1288 sotto la guida delle famiglie Federici e Celeri, la Valcamonica si ribella a Brescia.

I camuni fanno strage di guelfi a Pisogne saccheggiano e incendiamo Iseo.

Il consiglio generale di Brescia emette un severissimo bando contro i Federici e i feudatari di Breno Malonno, Cemmo, Esine e Corteno; ne scoppia una guerra costosissima.

“Il bando si fu, che gli uomini e le famiglie tutte quante ivi descritte venivano esiliate dal territorio bresciano, pena la morte quando alcuna di queste venisse in potestà del consiglio cittadino: le famiglie di Fachino dei Federici, Giacomo Calcagno, Giovanni Martina, Zanoni, Inzeleri, Boiachi… i discendenti di Raimondo da Eseno, Salvatore de Plazza e suoi figli, Guglielmino da Breno e suoi discendenti, Negro e Boccaccio di Cemo, Girardo di Maleno, Corticella di Corteno, Romelio di Niardo, Muzio da Edolo, Alberzono di Breno, Stefania di Cividate, Castelli di Malegno e loro discendenti”.

Poi si promettevano grosse taglie per chi desse nelle mani della giustizia vivi o morti alcuni di loro, dei Federici particolarmente, ed altri ancora per “coloro che recuperassero al Comune di Brescia i castelli di Montecchio, di Gorzone, di Eseno, di Breno, di Presteno, di Cimbergo, di Vezia di Dalegno: a quelli poi che mettessero in fiamme quelle terre, proporzionavasi un premio secondo l’importanza della terra incendiata… durarono tre anni più o meno contrastati gli effetti di questo bando fierissimo; né certo sarebbero continuati senza gravi scompigli se il magno Maffeo Visconti non avesse composto nel 1291 le cose”. (F. Odorici in Memorie storiche sulla Valcamonica, Brescia 1857)

La Pace di Breno

Il 19 aprile 1291 con l’arbitrato di Matteo Visconti, signore di Milano, si stabilisce che da Pisogne al Tonale la Valcamonica sia retta da un podestà.

Brescia annulla i bandi e le confische di beni a carico dei ghibellini camuni.

Quando dal 1354 la Val Camonica entrò a far parte del Ducato di Milano, Bernabò Visconti si impegnò a mettere fine alle sanguinose faide che imperversavano tra i Guelfi ed i Ghibellini.

Solo nel 1397, con Gian Galeazzo Visconti, si riuscì a stabilire un accordo tra le due parti.

Venne quindi convocata una grande conferenza di pace presso il ponte della Minerva a Breno, alla quale presenziarono grandi autorità come i rappresentanti del Duca di Milano e il Podestà di Valle Giacomo Malspina.

I gruppi rivali presero posizione sui due lati del fiume Oglio.

Ghibellini sulla riva destra

Condottieri: tutti i Federici di Erbanno, Gorzone, Angolo e la Famiglia Beccagutti

Borghi: Dalegno, Demo, Vione, Saviore, Vezza, Nadro, Mu, Bienno, Monno, Prestine, Cortenedolo, Astrio, Edolo, Cividate Camuno, Sonico, Berzo, Malonno, Malegno, Corteno Golgi, Ossimo, Incudine, Esine, Cemmo, Breno, Sellero, Artogne, Gorzone, Cerveno Do, Erbanno, Paisco, Prestine, Cevo.

Guelfi sulla riva sinistra

Condottieri: Baroncino Nobili di Lozio e le famiglie Ronchi, Griffi, Antonioli

Borghi: Cevo, Niardo, Saviore, Losine, Grevo, Ceto, Cimbergo, Braone, Monno, Lozio, Prestine, Borno.

Nota: I paesi di Saviore, Cevo e Prestine si presentarono con rappresentanti su entrambi i lati del fiume.

La nobiltà camuna fece sfoggio di tutto il suo potere presentandosi nei suoi abiti più sontuosi, per sottolineare l'importanza dell'evento. Le armi lunghe e i pugnali erano banditi e solo le guardie del podestà portavano le picche da parata.

Dopo le preghiere propiziatorie e le benedizioni, iniziò un lungo e prosaico dibattito che comunque si risolse in un solennissimo accordo in cui tutti giurarono una stabile e perfetta concordia e pace.

Si giurò altresì, dalle due parti, di restituire ai veri proprietari le terre e i beni rubati, chiamando a supremi garanti del giuramento il Vangelo e le Sacre Scritture.

Un capitolo a parte prevedeva il giuramento e la promessa di licenziare tutte le bande armate e di radere al suolo e non più ricostruire i fortilizi atti a nascondere e ospitare armati.

Tutti apposero le loro firme, i loro sigilli o le loro sigle e tutti rigiurarono fedeltà al patto: era stata siglata la Pace di Breno.

“Questa scrittura si fece per mano di Bettino Gaione da Edolo e la validarono altri due notai, Baldovino da Braone et Antonio di Calepio abitante in Lovere, sottoscrivendole poi, come testimoni richiesti Comino Rossi, Scico di Daniele da Lovere, Lanfranco dei Capitani di Scalve, Girardo Scadell bargamasco e Antonio Tonsini di Scalve”. (G. Brunelli, Curiosi trattenimenti contenenti ragguagli sacri e profani dei popoli camuni, Breno, 1998).

Questa pace, sebbene sottoscritta e giurata da tutte le parti in causa, non resse nel tempo, tanto che in breve gli scontri ripresero fino al tragico epilogo dell'eccidio di Lozio nel 1410 quando i Federici assaltano il castello di Lozio e trucidano tutta la famiglia feudataria dei Nobili.

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