INCONTRO A MERATE

Butti: "Adeguare entro il 2026 l'intera rete a fibra è impossibile"

Il sottosegretario con delega all'Innovazione tecnologica in visita a Netweek

Butti: "Adeguare entro il 2026 l'intera rete a fibra è impossibile"
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Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'Innovazione tecnologica, senatore Alessio Butti (Fratelli d'Italia), ha fatto visita questa mattina, venerdì 27 gennaio 2023, alla sede centrale del nostro gruppo editoriale Netweek.

Il senatore Butti accolto da Alessio Laurenzano, amministratore delegato di Netweek

Nel corso dell’incontro a Merate (Lecco) con i nostri direttori Giancarlo Ferrario, Isabella Preda e Sergio Nicastro, abbiamo chiesto all'esponente del Governo quali prospettive possiamo vedere all’orizzonte, nel nostro Paese, nell’ottica di una sempre maggior digitalizzazione e semplificazione dei processi informatici e tecnologici.

Il senatore Butti con il direttore Giancarlo Ferrario

Il sottosegretario Butti in visita a Netweek

Comasco, classe 1964, una vita in politica, il senatore Alessio Butti ha trascorso diverse legislature in Parlamento ed ora ricopre il ruolo di sottosegretario del Governo guidato da Giorgia Meloni con una delega nevralgica per la modernizzazione del nostro Paese, quella all’Innovazione. Telecomunicazioni, cloud, tutela dei dati, big tech e 5G, sono le traiettorie lungo cui si sta muovendo la sua azione.

Video generico sulla visita con intervista a Butti (da mettere all'inizio):

Quale situazione ha ereditato dal precedente Esecutivo?

“Un situazione fatta di luci e ombre, soprattutto riguardo allo stato di connettività del paese. L’Ue ha diviso in aree nere, bianche e grigie il Paese, e molte di esse sono a fallimento di mercato e quindi serve investimento forte dallo Stato o quanto meno una compresenza fra privato e pubblico. Abbiamo ancora una rete che per il 60% è ancora in rame, e diciamolo subito: adeguare entro il 2026 l’intera rete a fibra è impossibile, siamo davvero molto in ritardo nella posa in un territorio complicato orograficamente (anche se le onde radio ci consentono di arrivare dove la fibra non può).

Con i tecnici del reparto IT di Netweek

A livello generale, cosa intende quando parla delle necessità di avere una “sovranità digitale per l’Italia e l’Europa”?

"Innanzitutto parliamo di sovranità e non di sovranismo, precisiamolo. Faccio un esempio: questa mattina ho visitato a Cernusco Lombardone un’azienda come la Technoprobe, 2700 dipendenti, leader nella produzione di componenti per microchip e simbolo d’eccellenza a livello di sovranità digitale italiana. In sostanza, non è vero che non siamo in grado di produrre tecnologia.

C’è poi un discorso anche di sovranità europea, se pensiamo per esempio ai nostri dati personali custoditi da società americane come Google, che in base Cloud act del 2018 sono tenute a mostrare quei dati se richiesti. Insomma, una materia delicata.

C’è infine anche un discorso di sovranità tecnologica: bisogna anche produrre sì, ma pure la cybersecurity è un capitolo da considerare".

Il senatore Butti fra i direttori Isabella Preda e Sergio Nicastro

Nel 2022 la digitalizzazione in Italia ha toccato i massimi storici con oltre 6 milioni di identità Spid attivate, per un milione di accessi, oltre 7 milioni di carte d’identità elettroniche rilasciate, per 21 milioni di autenticazioni. E la strada tracciata dal Governo Meloni, che Le ha conferito proprio la delega a questa partita, è orientata verso un ulteriore punto di svolta. Quale?

"Non so se al mondo c’è un altro Stato con tre identità digitali: la Carta nazionale dei servizi (Cns), lo Spid e la Carta d’identità elettronica (Cie). Sullo Spid le mie parole sono state equivocate: nessuno oggi ha intenzione di spegnerlo, ma se ci fosse un unico documento sarebbe tutto più semplice e ora anche l’Ue ci spinge a uniformare il tutto e ad arrivare a un livello sicurezza 3, che solo la carta d'identità elettronica può garantire. Quella è la direzione (anche perché è anomalo che possa certificare un cittadino un servizio gestito privatamente rispetto allo Stato), va infine snellito il processo d’utilizzo e accorciati i tempi di rilascio".

La razionalizzazione degli strumenti digitali sembra essere la stella polare del vostro lavoro. Ci sono tuttavia degli ostacoli atavici che impediscono al nostro Paese di allinearsi con gli altri Paesi dell’Eurozona. Questa perdita di terreno quali effetti produce sui privati cittadini e sulle aziende italiane?

Non può esserci digitalizzazione senza prima semplificazione: servirebbe (e lo porteremo avanti) un Testo unico dell’innovazione per raggruppare i tantissimi decreti e ddl approvati nel corso degli ultimi anni.

È attivo il Polo strategico nazionale, l’infrastruttura cloud ad alta affidabilità che ospiterà i dati e i servizi, critici e strategici, delle pubbliche amministrazioni italiane. Si tratta della società di nuova costituzione partecipata da Tim, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (CDP, attraverso la controllata Cdp Equity) e Sogei.

"Oggi il Psn è legge, quindi facciamolo funzionare al meglio, ma bisogna superare la frammentazione della gestione dei dati regionali (ad esempio quelli sanitari).

Più in generale, riguardo alla gestione dei dati, siamo per un controllo pubblico (non nazionalizzazione) della rete.

Ma c’è molto da fare, per fare solo un esempio anche sul fronte della dematerializzazione degli archivi pubblici.

Il digital divide (la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici) c’è, ma non è solo fra Nord e Sud, anche regioni come la Lombardia hanno le loro aree critiche. I Comuni devono seguire il solco, l’unica alternativa è togliere incentivi a quelli che si pongono in ritardo rispetto al processo di digitalizzazione".

Il senatore Butti fra i direttori Isabella Preda e Sergio Nicastro

“E’ scattato un muro contro muro che lo ha affossato”, così Lei in tempi non sospetti ha descritto lo stato dell’arte dei progetti legati al 5G. A cosa vanno attribuiti questi ritardi e quali insidie possono nascondere rispetto allo sviluppo delle nostre imprese?

"Il 5g non nasce per vedere Netflix, ma per le imprese. E non c’è nessuna evidenza scientifica circa la sua nocività, checchè ne dicano i Comitati per il no sorti un po’ ovunque. Detto questo, se siamo in ritardo è anche perché gli operatori hanno sbagliato i calcoli".

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