intervista esclusiva

Roberto Calderoli, il Ministro accusato di spaccare l’Italia

“Vi spiego cosa è e come sarà l’autonomia differenziata”.

Roberto Calderoli, il Ministro accusato di spaccare l’Italia
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Anche a distanza si può indovinare il sorriso. Il Ministro Roberto Calderoli sta portando a compimento un suo sogno da “leghista” ante litteram. Era il sogno del nonno Guido che nei primi anni 50 aveva fondato addirittura un partito per l’autonomia. Calderoli è medico chirurgo ma anche odontoiatra, come il nonno. Non sta fermo, è uno dei “grandi vecchi” del Parlamento dove è entrato per la prima volta nel 1992.

Il suo sogno dell’autonomia comincia ovviamente con la Lega Lombarda poi Lega Nord e poi… va beh, il poi è adesso. Ma quel sogno dell’autonomia se lo porta dietro da decenni. Adesso con l’approvazione al Senato (il passaggio più difficile) del suo Disegno di Legge, ha scatenato reazioni di ogni tipo.

E allora puoi spiegare alla gente in che cosa consiste quella definizione di autonomia differenziata?

“Vuol dire che sulle 23 materie indicate dalla costituzione, di cui 3 sono oggi sono materie esclusive dello Stato e le altre 20 sono concorrenti, vale a dire che non sono materia esclusiva dello Stato: Con questa legge una Regione può chiedere che sia lei a legiferare sulla materia in tutto o in parte. Faccio un esempio: sull’istruzione uno potrebbe chiedere l’Autonomia, è solo un esempio, solo sulla scuola dell’infanzia…”.

Sai, magari l’esempio non colpisce molto. Ma una regione può chiedere di legiferare ad es. sulla scuola superiore?

“Teoricamente sì, abbiamo per es. la Provincia di Trento che ha l’esclusiva dalla scuola dell’infanzia fino all’università”.

Ma solo per l’organizzazione o anche nella parte didattica?

“Per l’organizzazione, soprattutto sulla parte contrattuale, loro usano un contratto nazionale e hanno un contratto integrativo rispetto al loro territorio”.

Torniamo alle materie su cui le Regioni potranno chiedere l’autonomia. Tra le 23 materie, c‘è anche la salute

“C’è la salute e, quello che purtroppo per me è un errore, ci sono anche le norme generali sull’istruzione che date alle Regioni per me sono un errore, ma questo prevede la Costituzione”.

Fammi capire, tu non volevi quindi che l’istruzione passasse alle Regioni?

“No, che non passassero alle Regioni le norme generali dell’istruzione. Se una Regione prende un’esclusiva sulle norme generali, paradossalmente, se lo fa la Basilicata, vale anche in Lombardia. Comunque, la legge sulle autonomie prende in esame le questioni che sono già previste nella Costituzione e definisce i percorsi con cui possono richiederle. Ogni regione ha delle richieste specifiche. Per esempio, la Campania era interessata alla tutela dell’ambiente, ecosistema e beni culturali e alla gestione dei porti ecc. La Toscana era interessata alla tutela dei beni culturali ed energia perché hanno tanto geotermico. Le regioni del sud all’eolico e fotovoltaico. Questo perché? Perché noi abbiamo il paradosso che le funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Regioni sono le stesse indipendentemente da dove sono collocate e dalla loro dimensione. Da una parte però abbiamo la Lombardia che dieci milioni di abitanti è più grande dell’Austria, la Val d’Aosta è a statuto speciale ma supera di poco i 100.000 abitanti. Le esigenze di una Regione di 10 milioni di abitanti non possono essere uguali a quelle di una Regione che di abitanti ne ha solo 100.000”.

Va bene. Una domanda semplice che richiama l’origine del tuo impegno politico nella Lega di Bossi. Questa legge è un passo verso il federalismo?

“Assolutamente sì. Il principio di sussidiarietà, vale a dire l’erogazione di una prestazione pubblica, deve essere fatta dall’ente più vicino al cittadino fruitore di questa prestazione”.

Una critica può essere quella che ad es. per le prestazioni sanitarie la Lombardia è più avanti e quindi altre Regioni partono indietro e così non potranno mai rimontare.

“Ma bisogna sfatare questi miti. Il riparto del fondo sanitario nazionale parte sulla base di un’intesa.  Tutte le regioni devono essere d’accordo e poi c’è un fondo perequativo che serve a compensare le differenze che ci sono in questo fondo, differenze che sono per il 98.5% legate all’età anagrafica della popolazione, e per l’1.5% all’indice di mortalità e di deprivazione. Le differenze non giustificano la qualità diversa dell’erogazione del servizio, non è quanto tu dai a una realtà territoriale ma come vengono usati questi soldi…

 

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